Dall’esterno tutto sembra più semplice di quanto in realtà non sia, regola di vita che vale praticamente in ogni settore.
D’altronde quante volte ci è capitato di criticare o condurre polemica per il silenzio di un pilota, o un modo di fare di un determinato sportivo. Dietro ad ogni apparente dinamica, si nasconde un mondo, decisamente sconosciuto per appassionati e comuni mortali al di fuori degli accordi. I contratti dei piloti del motomondiale, non fanno eccezione. Dietro ad essi si nascondono ardue battaglie e torture al limite della libertà umana. Una firma contrattuale non definisce solo posizioni e ruoli, ma a volte si parla di vere e proprie intimidazioni, come ad esempio cosa dire, fare, come comportarsi, quando farlo e persino cosa indossare non solo durante le interviste.
Alle cifre esorbitanti, si celano premi e benefit, che prevedono ogni volta condizioni differenti, come classificarsi entro le prime dieci posizioni, sia nella singola gara, che nel campionato finale. Il pilota deve indossare colori e sponsor della squadra, tranne che nel privato, dove potrebbe scegliere un altro marchio per il quale essere testimonial, solo se la casa motociclistica lo ritiene affine e adatto al loro. Mentre al contrario, l’immagine dello sportivo puo’ essere utilizzata a piacimento. Forma fisica e cibo, sotto tenuti sotto controllo per contratto. Gli infortuni possono essere dolorosi anche economicamente, con tagli alla cifra predefinita o rescissioni improvvise, multe e obbligati silenzi. La via del successo, dunque, non slitta proprio liscia come l’olio, della serie “Non è tutto oro cio’ che lucchica”.