Sempre più selettivo, il motociclismo è uno sport che richiede grandi dispensi fisici ma soprattutto economici. Il culmine di questo sistema è stato raggiunto dal circus del Motomondiale, campionato a cui la maggior parte dei piloti agonistici aspira.
Ma come e quanto sono cambiate le cose nel corso degli anni? Oggi per debuttare e soprattutto mantenersi sulla cresta dell’onda in questo mondo, il fattore denaro non è da sottostimare rispetto al talento e alla passione. Gli investimenti compiuti da parte di genitori, team manager ed in gran modo dagli sponsor sono essenziali, e la crisi su scala mondiale non ha di certo graziato il mondo delle due ruote. I nomi già affermati della MotoGP hanno la possibilità di conquistare titoli iridati o piazzamenti da podio grazie a moto competitive e grandi squadre alle spalle, ma tutto questo impegno sarebbe vano se non venissero create delle partnership con aziende che credono nel loro progetto. Man mano che scendiamo di livello nella piramide gerarchica, e dai grandi colossi, quali Yamaha, Honda e Ducati, si passa alle piccole squadre che a stento possono permettersi un posto nel Motomondiale, le cose diventano sempre più complesse. I piloti, nella migliore delle ipotesi, sono costretti a portare a casa, oltre ai risultati, conoscenze e sponsor, ma non sono isolati i casi di giovani o meno giovani talenti costretti a pagare di tasca propria la possibilità di restare a galla e di far vedere le proprie capacità in pista. Uno degli ultimi casi è quello di Ana Carrasco, giovanissima pilota spagnola della Moto3. Mattia Pasini, momentaneamente senza una sella per il prossimo anno, si è recentemente espresso al riguardo in un’intervista:
“Non voglio criticare l’organizzatore, trovo che la Moto2 sia un bellissimo campionato, ma bisognerebbe ridefinire le priorità. Ora al pilota si chiede di fare il manager, il PR e anche l’imprenditore, perché deve trovare finanziamenti. Penso si dovrebbe andare avanti per i meriti e non per i soldi. Le nuove squadre hanno un approccio diverso, sono rimaste poche quelle che corrono per passione, perché amano le gare. Oramai sembrano delle aziende come tante. Anche la crisi economica ha influito, le sponsorizzazioni sono calate e il nostro mondo ne ha risentito. Per un pilota trovare sponsor è sempre più difficile. Si gioca molto sulla nostra passione, noi amiamo questo sport e c’è chi se ne approfitta, sembra quasi che ti venga fatto un piacere. Ho capito che a volte il gioco non vale la candela. In questi anni mi sono fatto molte domande. A volte la gente tende a dimenticare tante cose, ma non dovrebbe essere così, il nostro mestiere non ha solo aspetti belli”.
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