Domenica è successo quello che in alcuni sport si sa che può succedere, ma che sempre speriamo di non leggere mai sulle pagine di un giornale.
Shoya Tomizawa, pilota 19enne della Sutter, cade in piena accelerazione a causa forse di un errore di valutazione nell’affrontare l’uscita dalla curva e viene investito prima da De Angelis e immediatamente dopo da Redding, che erano obiettivamente troppo vicini per poterlo evitare.
L’incidente è stato mostruoso, si è subito capito che non era la classica caduta dalla quale si esce indenni, e purtroppo la conferma è arrivata poche ore dopo, alle 14.19, quando Shoya si è spento nell’ospedale di Riccione.
L’inevitabile trambusto mediato che ne è seguito però è più un fiume di ipocrisia che un omaggio alla scomparsa di un giovane ma probabile futuro campione del motociclismo.
I primi a salire sul podio sono stati gli improvvisati esperti dell’ultima ora che hanno subito esploso i colpi contro la direzione di gara, contro il business della Moto GP e contro il sistema, ed invece di parlare di Shoya hanno cercato di tirare l’attenzione sulle loro parole, per fare audience.
A volte, le scelte sono impopolari, Claudio Macchiagodena, ufficiale della Clinica Mobile, ha commentato così la scelta della direzione di gara:
“Abbiamo pensato di fermare la gara perché era pericoloso, ma i piloti sono stati raggiunti immediamente. Non ho chiesto alla Direzione Gara le bandiere rosse perché non mi avrebbero aiutato col mio lavoro, avremmo ritardato l’intervento dell’ambulanza. Dietro le protezioni della pista avevamo un ambulanza con respiratore e abbiamo iniziato subito una cura intensiva. Era importante avere la ventilazione e due medici presenti. Arrivato al centro medico le sue condizioni erano critiche e lì abbiamo proseguito la cura intensiva. Abbiamo controllato il trauma addominale perché la situazione era molto seria non solo per il trauma al cranio”
In questo semplice intervento c’è tutta la spiegazione che in molti hanno evitato di leggere, più facile puntare il fucile ed accusare che ascoltare le motivazioni che spingono a determinate scelte.
Per quanto riguarda poi la dinamica dell’incidente, come chiarisce Franco Unicini, non è un problema dovuto alla mancanza di sicurezza nell’impianto (anche se Lorenzo ha segnalato la difficoltà di aderenza sui tratti di erba sintetica), ma purtroppo è una fatalità dovuta all’alta velocità ed all’errore umano, che ha forzato Shoya in quell’uscita dalla curva.
Preferiamo quindi, in questi tristi momenti, leggere le dichiarazioni di persone come Fausto Gresini o Valentino Rossi, che si limitano a ricordare la persona, e non cercano un colpevole, o come Toni Elias, che dopo aver lottato con Tomizawa durante la gara, non ha avutola forza di essere felice alla consegna del premio per la vittoria.
Fausto Gresini
“Oggi è una giornata molto triste e molto brutta e le gare non hanno assolutamente il sapore che dovrebbero avere. So molto bene cosa vuol dire perdere un pilota, e mi rendo conto della tragedia umana che attraversano adesso la sua famiglia ed i ragazzi del Team che hanno lavorato con lui”.
Valentino Rossi
“Di fronte alla tristezza per ciò che è accaduto, tutto il resto vale zero ed il risultato non conta. Mi dispiace per Shoya; era un gran bravo pilota, ma soprattutto molto simpatico. Era divertente, con il sorriso sempre sulle labbra. Aveva sempre parole belle per tutti. Era giovanissimo, con tutta una carriera davanti. Siamo tutti tristissimi”.
Foto: motogp.com
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