Il mondo delle corse permette a grandi uomini di elevarsi sul tetto del mondo, ma è fatto anche di scioccanti scomparse.
Nell’immaginario collettivo i centauri sono immortali. Sin dagli albori del motociclismo siamo soliti osservare le azioni in pista di piloti che non hanno paura di sfidare le leggi della fisica. Non c’è nulla di più affascinante di osservare le pieghe, le brutali accelerazioni e gli spettacolari sorpassi dei protagonisti delle due ruote.
Si può morire anche sulle strade di tutti i giorni, tuttavia vi sono categorie che sono più estreme di altre. Il mondo delle due ruote è molto variegato e ha raccontato pagine e pagine di sfide mondiali.
Oggi i centauri sono protetti da un abbigliamento tecnico spettacolare, ma un tempo si correva con un caschetto e un giubbino di pelle con qualche protezione. Gli appassionati sono oramai abituati a vedere volare, senza troppe conseguenze, i piloti del Motomondiale. A render lo spettacolo ancor più interessante vi sono le rivalità tra i migliori al mondo.
Tutti i rider hanno un animo impavido e non temono la morte. Si tratta di combattenti che hanno un talento naturale, forgiato da anni in sella a bolidi di varie cilindrate. Il loro carattere rimarrà impresso nella memoria di tutti gli appassionati. Nessuno potrà dimenticare Jaime Bordoy, un uomo simbolo del mondo delle due ruote in tutte le sue sfaccettature, come pilota, direttore sportivo, commerciante e industriale.
La passione può spingere anche nello spazio l’essere umano. Jaime Bordoy, morto a Barcellona nella giornata del 3 marzo, era diventato una icona del motociclismo iberico. E’ stato attirato dalle corse sin da ragazzo. Negli anni ‘50 e ‘60, Jaime Bordoy provò con successo tutte le specialità, dalla velocità all’endurance, dal trial al fuoristrada, facendosi notare per una personalità spiccata.
Il catalano ha debuttato nel Campionato Spagnolo Dilettanti nel 1957, registrando il secondo posto in classe 125 nel 1959, e ottenne notevoli risultati in altre classi, dalla 125 cc alla oltre 175 cc, con Mondial, Montesa e Bultaco. Si distinse in manifestazioni come la 24 Ore di Montjuïc , dove in coppia con Maurici Aschl giunse settimo nel 1959 e, con Manuel Traver, vincitore nella categoria 125cc nel 1961, fece la storia. Celebrò il titolo nazionale endurance.
Bordoy è stato, infatti, il primo a riuscire a battere il campione spagnolo Pere Pi dopo una serie di 48 vittorie di fila del nativo di Líçane. Una volta appeso il casco al chiodo, il catalano cominciò a lavorare con importanti case italiane come Cagiva e Ducati. Nel 1971 ha creato, a Barcellona, lo stabilimento Motos Bordoy, un’azienda che attualmente è gestita dai figli e che ha portato alla produzione di proprie motociclette, con il marchio Macbor.
Jaime Bordoy, insieme ai suoi figli, lanciò il suo primo negozio e creò una rete di diversi suoi concessionari a Barcellona. Capitava di vederlo fare commissioni e consigliare una moto ad un cliente, perché Jaime era un appassionato prima di tutto e ha continuato a guidare la sua moto il più a lungo possibile. Da parte di tutta la nostra redazione inviamo le condoglianze ai familiari, ai colleghi e a tutti gli amici del campione iberico.
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