I cavalieri del rischio che si sfidano in Formula 1 possono vantare un fisico spettacolare. Solo in questo modo si possono tollerare grandi sacrifici in pista e fuori.
Saranno anche motivati da stipendi faraonici ed una vita in pole position, ma tutti i pro driver hanno delle capacità fisiche e mentali di altissimo profilo. Per farvi un parallelismo aeronautico, sono dei top gun che non hanno paura della velocità e che hanno superato le più ardue prove al mondo. Vi sono delle dovute eccezioni, derivanti da piloti paganti che con valigie piene di soldi riescono a trovare una propria collocazione nel circus, ma i soldi non hanno mai trasformato dei driver in campioni.
I vari Verstappen, Leclerc, Russell, prima ancora di arrivare nella massima categoria del Motorsport, si sono dati battaglia nelle categorie minori. E lì che il fisico inizia ad essere sollecitato per un futuro ai massimi livelli. Rispetto al passato i driver sono molto più preparati alle sfide. Al di là delle difficoltà delle moderne F1, i talenti della F2 sarebbero già quasi tutti in grado di poter guidare nella top class. Lo hanno dimostrato, recentemente, anche Oliver Bearman, prodotto della FDA, e Liam Lawson, Academy Red Bull Racing.
La preparazione fisica dei piloti di Formula 1 dura tutto l’anno. Dopo il break post campionato, i piloti cominciano ad allenarsi, duramente, a gennaio in vista della nuova stagione. Si tratta di una preparazione che viene seguita da personal trainer e nutrizionisti. Va raggiunto un peso forma ideale anche per resistere alla perdita di kg in gara. In determinanti tracciati, dove il tasso di umidità è molto alto e il caldo tende a soffocare i piloti, il calo di peso è notevole. Ecco come si diventa piloti di F1.
F1, lo sforzo dei piloti in gara
Prima dell’era ibrida della Formula 1 le vetture è ancor più demanding. Con i motori termici ogni minima goccia di sudore cadeva in un abitacolo dove anche il sound aveva il suo perché. Non c’era il concetto del continuo risparmio e con i rifornimenti le sfide erano tiratissime. Si spingeva al limite, come un giro finale del Q3, dallo start sino alla bandiera a scacchi.
Le monoposto ibride attuali hanno reso molto meno pesante la vita a bordo. Prima di tutto le auto incamerano l’intero quantitativo di benzina per affrontare la gara, quindi i piloti in molti frangenti possono respirare e sono costretti ad abbassare i ritmi, pensando a gestire le mescole. Scene come quelle di Nigel Mansell, a Dallas, nel 1984 non sarebbero più possibili. Soltanto in tappe nel deserto o a Singapore dove l’umidità è molto alta i piloti tendono a soffrire.
Il Leone d’Inghilterra era arrivato davvero al limite delle sue capacità è proprio quando stava per arrivare sotto la bandiera a scacchi con la sua Lotus, in USA, con una prestazione maiuscola che lo stava portando sul podio, la benzina lo abbandonò. Mancando pochi metri Mansell, stremato, provò a spingere la vetture al traguardo, ma crollò al suolo. I piloti attuali perdono, indicativamente, un paio di kg. Perdono tanto peso quanto i maratoneti o i ciclisti durante una sfida impegnativa, anche a causa dell’attrezzatura tecnica.