In F1 l’affidabilità ha raggiunto picchi impensabili in passato, con le power unit di oggi che sono quasi indistruttibili. Ecco i dettagli.
La F1 ha deciso di imboccare una direzione precisa sul fronte dei motori nel 2014, quando si optò per la rivoluzione ibrida. Da quell’anno, le auto montano un motore V6 turbo abbinato ad una complessa parte elettrica, ed il tutto va a formare l’ormai famosa power unit. Il sound non è più quello dei vecchi V8 o V10 aspirati, che facevano tremare cielo e terra al loro passaggio, ma va detto che sul fronte della potenza sono stati fatti passi in avanti enormi.
Senza troppa difficoltà, le auto di F1 di oggi superano i 1.000 cavalli di potenza massima, un dato incredibile, e nonostante questo, anche l’affidabilità è nettamente migliorata, con queste unità propulsive che sono in grado di percorrere migliaia di chilometri senza problemi, con i team ed i costruttori che hanno svolto un lavoro pazzesco da questo punto di vista.
L’esempio più lampante, in tal senso, ce lo fornisce la Honda, che ai tempi della partnership con la McLaren faceva finire a terminare le gare, accumulando penalità su penalità, ed oggi è, assieme alla Red Bull, il punto di riferimento sia sul fronte della potenza che dell’affidabilità. Nelle prossime righe, vi diremo quanto può durare una power unit, e siamo certi che resterete senza parole nel leggere questi dati.
Al giorno d’oggi, se non si vuole incappare in penalità di sorta, le auto di F1 possono utilizzare solamente 4 power unit per stagione, con le quali coprire la bellezza di 24 gare e 6 Sprint Race. Questo significa che sono chiamate a coprire distanze enormi, ed infatti, in media possono percorrere anche 2.500 km senza problemi, anche se il guasto ci può sempre scappare, ma ormai è molto raro che ciò avvenga.
Le squadre hanno investito tantissimo sul fronte dell’affidabilità, ed è davvero incredibile effettuare un confronto con il passato. Basti pensare agli anni Duemila, quando veniva cambiato un motore ogni gara o al massimo ogni due, ma nonostante questo c’erano continue rotture dei motori, tra i quali ricordiamo quelle molto frequenti dei propulsori Mercedes, che costarono anche un mondiale alla McLaren di Kimi Raikkonen nell’ormai lontano 2005. Pensate che, all’epoca, i motori faticavano a superare i 300-400 km di percorrenza massima, rischiando poi di esplodere in una nuvola di fumo, come infatti accadeva molto spesso.
Pensate che, sino al 2002, le auto di F1 potevano sostituire il motore dopo le qualifiche e montarne uno nuovo di zecca per la gara, e nonostante questo, il rischio di rotture c’era comunque. Sarà ora molto interessante valutare come si comporteranno le power unit che arriveranno nel 2026, che daranno ancora più spazio alla parte elettrica, pur eliminando la MGU-H. Di tutto ciò si parla molto in questi giorni, con i nuovi regolamenti che sono ormai stati definiti. Vedremo quale team riuscirà ad interpretare al meglio le novità, per un cambiamento che sarà epocale.
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