Chi pensa che l’Africa Twin sia il riferimento della gamma Honda si sbaglia. Ecco spuntare il nome a sorpresa.
Quando si parla di Honda la prima moto che viene in mente è l’Africa Twin. Nata nel 1988 con il modello XRV 650 e prodotta fino al 1990, è entrata subito nel cuore degli amanti dello sterrato. In pochi sanno però che al principio non fu questa versione, bensì ne esisteva un’altra che nel 1986 si era fatta valere sui pericolosi e complessi percorsi della Parigi-Dakar, quando ancora la manifestazione rallystica univa Europa e Africa, con prove speciali spesso fatali per i mezzi, quanto per i piloti.
In quell’anno a guidare la motocicletta dalla Casa dell’Ala Dorata dotata di motore bicilindrico otto valvole da 780 cm3 in grado di erogare 75 cv erano stati Cyril Neveu e Gilles Lalay i quali, con un risultato storico, riuscirono a regalare al marchio una doppietta. Successivamente, a portare gioie al brand fu l’italiano Edi Orioli. A livello commerciale il 1987 sarà cruciale perché la belva da competizione vedrà la nascita di una replica in scala ridotta.
Africa Twin, alla scoperta della vera regina della Honda
A restare nella mente di tutti gli amanti dei rally raid è la NXR 750, la mamma putativa della più famosa 650, sviluppata per un uso da tutti i giorni. Per essendo un veicolo enduro non riportava la denominazione Africa Twin e aveva in sé una caratteristica davvero particolare rispetto alle altre adventure, ovvero i cerchi da 19 pollici all’anteriore, contro i consueti 21.
Ma che moto era quella che si è fatta conoscere nelle maratone nel deserto? Oltre ad avere una cavalleria ridotta, ma comunque consona a quel tipo di corsa, si distingueva per i consumi ridotti. due i serbatoi installati: uno da 37 litri e uno da 22 litri al posteriore per un totale di 59 litri.
A livello estetico la versione stradale si faceva riconoscere per due fari circolari, con un piccolo parabrezza e una sella particolarmente allungata, tanto da collegare il serbatoio al maniglione in alluminio. Provvista di portapacchi in plastica, sfoggiava una piastra protettiva in alluminio come protezione dall’eventuale presenza di sassi e in caso di urto.
La sospensione anteriore era composta da una forcella telescopica a corsa lunga, mentre l’impianto frenante prevedeva un doppio disco davanti e un monodisco dietro. Aggiornata nel 1992, venne dotata di un computer di bordo dal nome Tripmaster. Successivamente venne modificato nell’area del silenziatore, reso più grande. Oggi la si può trovare usata in concessionario, con prezzi che vanno dai 1.200 ai 7.900 euro.