Negli anni ’80, il mondo delle due ruote ha assistito a un fenomeno tanto breve quanto intenso: l’era delle moto turbo. Questa tecnologia, non del tutto nuova nel panorama motociclistico, aveva già visto l’utilizzo di compressori meccanici nelle competizioni tra le due guerre mondiali.
Tuttavia, è stato negli anni ’70 che si sono gettate le basi per lo sviluppo di un turbo moderno, culminato con la presentazione della prima moto turbo al Salone di Colonia nell’autunno del 1980: la Honda CX500 Turbo. Nonostante l’innovazione e l’entusiasmo iniziale, già alla fine del 1986 il mercato non presentava più modelli turbo in produzione.
Il cuore della rivoluzione turbo era rappresentato dal turbocompressore, composto da una piccola turbina capace di raggiungere velocità vertiginose (fino a 20.000 giri/min) e un compressore centrifugo che sovralimentava le camere di scoppio con aria fresca a pressione elevata. Questa tecnologia permetteva alle moto di media cilindrata di sfiorare le prestazioni dei modelli più potenti da 1000 o 1100 cc. Tuttavia, i benefici in termini di potenza erano accompagnati da sfide significative come costi elevati, necessità di materiali speciali e difficoltà nella lavorazione.
La Honda CX500 Turbo rappresentò una vera novità nel panorama motociclistico dell’epoca. Con il suo motore bicilindrico a V raffreddato a liquido e quattro valvole per cilindro, questa moto prometteva prestazioni eccezionali grazie ai suoi 82 cavalli a 10.000 giri/minuto. Nonostante ciò, la realtà si rivelò più complessa: i consumi elevati e soprattutto il “turbo lag“, ovvero il ritardo nell’erogazione della potenza dovuto all’inerzia della turbina, rendevano la guida meno intuitiva e talvolta problematica.
Non solo Honda esplorò il mondo delle moto turbo; anche altri produttori entrarono in questo segmento innovativo ma rischioso. Yamaha con la sua XJ650 Seca Turbo da 90 cavalli tentò di ridurre i tempi del “turbo lag”, mentre Suzuki introdusse sul mercato la XN85 dotata di soluzioni ciclistiche avanzate ma con una potenza che non soddisfaceva pienamente le aspettative degli appassionati.
Tra tutte le proposte turbo degli anni ’80, fu forse la Kawasaki GPZ750 Turbo ad avvicinarsi maggiormente all’ideale dei progettisti: combinando alte prestazioni (112 cavalli) con una risposta al gas meno brusca rispetto ai modelli concorrenti. Nonostante ciò, anche questo modello non riuscì a invertire la tendenza generale verso l’abbandono della sovralimentazione nelle moto stradali.
Le esperienze maturate durante quegli anni frenetici hanno lasciato un segno indelebile nella storia del motociclismo moderno; sebbene breve fu infatti intensamente innovativa quella fase che vide protagoniste le moto turbo degli anni ’80.
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