Quello che nessuno spererebbe mai di vedere in un weekend di corse putroppo è successo ieri mattina sul circuito di Mosca dove l’italiano Andrea Antonelli pilota della categoria Supersport del team GoEleven ha perso la vita.
La dinamica dell’incidente è chiara, nel corso del primo giro su un tracciato pieno d’acqua, Antonelli imbocca il rettilineo ma perde il controllo della sua Kawasaki scivolando a terra, purtoppo per lui sopraggiunge il connazionale Lorenzo Zanetti a 250 km/h che, a causa della visibilità precaria, non lo vede e lo investe.
Andrea Antonelli riporta un grave trauma cranico, i soccorsi ed il pronto intervento dei medici non sono serviti a salvargli la vita, e come dirà poi Massimo Corbascio, medico della Clinica mobile della Superbike, “Era impossibile rianimare, da subito”, poichè Andrea era già morto in pista.
Ora oltre alla tristezza e al dolore per la perdita prematura di questo giovane di soli 25 anni c’è anche rabbia e disapprovazione perchè probabilmente tutto ciò poteva essere evitato.
Alcuni potrebbero dire semplicemente che queste sono le corse e che i piloti corrono essendo pienamente consapevoli del rischio al quale vanno incontro. Indubbiamente se parliamo di consapevolezze dei rischi hanno ragione, ma la sicurezza che fine ha fatto? Perchè correre su una pista totalmente impraticabile per la grande quantità d’acqua su un tracciato per giunta privo di drenaggio?
Vari piloti si sono schierati contro la direzione gara lamentando di non essere stati ascoltati e della totale assenza di una safety commission come in MotoGP dove i piloti si possono consultare per parlare di sicurezza.
Uno su tutti Marco Melandri, il vinciore di gara 1 in Superbike, unica corsa disputatasi in giornata, anch’essa in condizioni proibitive, che ha detto “Forse il destino non si può cambiare, ma oggi si poteva fare di più. Non si doveva correre. La pista era impraticabile, non si vedeva nulla ed era difficile controllare la moto”.
D’impatto anche le parole del sei volte campione del mondo Max Biaggi “Amo questo sport, ma in giornate come queste sto iniziando a odiarlo”.
La faccia triste della medaglia è evidenziare come il tema sicurezza venga affrontato solo dopo che uno di questi ragazzi non c’è più. Sarebbe bene che i piloti venissero ascoltati a tutelati maggiormente perchè su quelle moto a 300 chilometri orari sfidando la sorte andando sempre oltre al limite ci sono loro. Ricordiamolo a chi di dovere.
Il nostro pensiero va alla famiglia, agli amici e al team di Andrea!
Luana Viroli
@Luana094j
Photo credit: Luca Nava
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