Se ne parla raramente, e uno dei momenti in cui fa clamore la gestione della sicurezza dei piloti, si ripropone puntualmente con la morte di qualcuno.
Le prime voci che vengono largamente inoltrate nel web e nei vari media, gridano a voce alta, con tanto di enormi titoli: ” Si poteva salvare “! Si concludono sempre così questo tipo di incidenti, con tanto subbuglio nell’aria e poche concretizzazioni per evitare questo genere di morti.
Stavolta l’incidente è quello di Doriano Romboni, che sabato scorso ha perso la vita, durante il Sic day, l’evento di beneficenza in memoria di un’altro pilota caduto nella trappola della velocità, Marco Simoncelli.
“Credo sia stato sottovalutato il pericolo, non si puo’ cadere e invadere la corsia opposta. Non conosco bene la pista di Latina ma, da come mi hanno spiegato, alcune balle di fieno o qualche gomma avrebbero impedito a Doriano di finire dopo la caduta in un’altra corsia e di essere investito: non sarebbe costato nulla”, commenta Giacomo Agostini.
La morte di Doriano Romboni, sembra più una beffa del destino, ma fondamentalmente il problema della sicurezza si ripropone ampiamente. Si colpevolizzano organizzatori, società e i piloti stessi, altri ancora parlano di destino crudele, di piste non idonee al 100% o danno la colpa ad uno sport che viene definito sanguinario. Addossare le colpe non riporterà in vita nè Simoncelli, nè Romboni, nè ridarà la vita di prima ad Alessia Polita, che si è duramente espressa dicendo di essere insieme agli altri piloti, solo un burattino del sistema motociclismo.
Nessuno potrà mai sapere se davvero un accorgimento, avrebbe evitato un susseguirsi di eventi, ma i piloti quando salgono in sella sanno che tutto puo’ accadere e giocano consapevoli a sfidare le dinamiche della natura.